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MYANMAR

Pagode, religione, natura.

dicembre 2019

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Mingalabar Myanmar!

 “Ciao Birmania!”

Il Myanmar, in passato noto come Birmania, è una nazione del Sudest asiatico con più di 100 gruppi etnici che confina con India, Bangladesh, Cina, Laos e Thailandia. Fino a poco tempo fa la nazione meno conosciuta del Sudest asiatico, per mezzo secolo rimasto fermo in una sorta di abbandono sotto un dispotico governo militare poco visitato ed incompreso. Oggi tutto sta cambiando a seguito di recenti riforme politiche e sociali e visitatori da tutto il mondo vi giungono per scoprire le sue bellezze e la sua storia. Il recente passaggio alla democrazia ha dato una svolta a questo cambiamento grazie anche alla creazione nel 2015 di un nuovo governo guidato dal Premio Nobel Aung San Suu Kyi.

Il nostro viaggio

ITINERARIO E DISTANZE:

MILANO-DOHA-YANGON  9127 km

YANGON-BAGAN  500 km

BAGAN-MANDALAY-INWA-SAGAING-MINGUN-MANDALAY  280km

MANDALAY-AMARAPURA-PINDAYA-LAGO INLE  150 km

LAGO INLE-LOIKAW  150 km

LOIKAW-YANGON  340 km

YANGON-DOHA-MILANO  9127 km

PERCORSI CON ALTRI MEZZI: 150 km

Totale km percorsi: 19.674

12 dicembre

 

         MANDALAY-AMARAPURA-PINDAYA  (270  km)

MANDALAY-La città quadrata

Capitale culturale e religiosa della zona settentrionale del Paese, posta lungo le sponde del fiume Irrawaddy, Mandalay un tempo era conosciuta come la “città d’oro” del re Mindon, l’ultimo regnante birmano prima dell’occupazione britannica. Molte sono le attrattive artistiche ed architettoniche della città, nonostante i danni subiti durante l’assedio britannico e la Seconda Guerra Mondiale. Uno dei luoghi più interessanti è la Collina di Mandalay, considerata da secoli come una zona sacra, meta di antichi pellegrinaggi, in quanto, secondo una leggenda, essa fu visitata dal Buddha, il quale avrebbe profetizzato che qui sarebbe sorta una grande città

(il re Mindon, in occasione del 2400esimo giubileo del Buddha nel 1858, volle seguire tale profezia e avviò dunque la costruzione della città). Da sapere che Mandalay è la città birmana dove ci sono più monasteri (circa 150) e più monaci (70-80.000).

Primo giorno a Mandalay, seconda città del Myanmar (quasi due milioni di abitanti considerando l’agglomerato urbano) che è una città strana, senza piazze né curve, una città quadrata con tante strade verticali e orizzontali che si intersecano tra loro a angolo retto. La città è davvero brutta, ma racchiude una quantità di meraviglie e di tesori stupefacenti. Il primo di questi che visitiamo è la:

PAGODA KUTHODAW

È ai piedi della collina che domina Mandalay una meraviglia della tradizione buddhista. Lo stupa centrale è circondato da ben 729 stupa più piccoli, ognuno dei quali custodisce una tavola di marmo scolpita.

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Il re Mindon fece incidere su lastre di alabastro tutti i 729 kyauksa gu, le regole del canone buddhista tripitaka. Un’opera gigantesca che richiese l’impegno di 200 monaci per mesi e mesi. La descrizione del sito è descritta su un’ altra lastra, che fa aumentare il numero totale a 730.

Merita sicuramente l’appellativo di “libro più grande del mondo” con cui viene comunemente presentato.

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Tra le file di stupa crescono grandi alberi secolari di magnolia (starflower tree), alla cui ombra famiglie di birmani vengono spesso a fare il picnic, mentre i bambini giocano a nascondino tra le file degli stupa, sembra che l’albero più vecchio dovrebbe avere 250 anni.

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Vicino si trova la

PAGODA SANDAMUNI

 

commissionata dal sovrano Mindon Min nel 1874 per commemorare il Principe Kanaung, erede al trono assassinato nel 1866 da altri due figli del sovrano. La splendida chedi dorata rappresenta la struttura più antica della Pagoda.

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La struttura è caratterizzata da un imponente basamento quadrato a tre livelli concentrici, ornato con una statua del Cinthe (creatura della mitologia Induista-Buddhista con il corpo di un leone e la testa di un drago). La terrazza superiore della chedi è accessibile attraverso quattro ripide scale – una per lato – orientate verso i punti cardinali principali. In mezzeria di ogni scala c’è una sorta di porta ornamentale decorata superiormente con una miniatura della chedi. La parte in elevazione della struttura presenta la classica “forma a campana” (sezione circolare), decorata con una serie di spire concentriche e dal tradizionale pinnacolo ornamentale (Hti). Sembra incredibile ma le iscrizioni della Pagoda Kuthodaw sono surclassate dalla presenza attorno alla chedi principale di 1774 santuari – Dhamma Ceti – ciascuno dei quali contiene una stele di marmo (dim. 168cm in altezza, 107 cm in larghezza) con incisi i testi sacri della dottrina Buddhista (Tripitaka). E’ presente anche un plastico del sito.

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Una visita interessante:

SHWENANDAW KYAUNG O “IL MONASTERO DEL PALAZZO D'ORO”

Proprio davanti all’entrata dell’università si trova questo edificio in legno di teak decorato in modo molto complesso che è stato spostato al di fuori del parco del Palazzo Reala ed è l'unico edificio principale originale rimasto. E’ l’unico monastero in cui non c’è neanche una statua di Buddha ed è adornato con mosaici di vetro e strutture in legno finemente intagliato. Prima faceva parte degli appartamenti personali dei sovrani, fino a quando il re Thibaw decise di traslocarlo in un’altra zona. Questa fu la fortuna dell’edificio: è l’unica costruzione in legno che si è salvata dall’incendio di Mandalay alla fine della seconda guerra mondiale, e meno male perché è davvero una meraviglia. 

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Ora una visita particolare:

PAGODA MAHAMUNI

La struttura religiosa più frequentata di Mandalay, luogo sacro che contiene una sfolgorante statua di Buddha tutta d’oro. I devoti adoranti (solo uomini, le donne non hanno accesso alla cella statuaria perché considerate impure) la ricoprono in continuazione di foglie d’oro, al punto che ormai è diventata una specie di palla luccicante in cui si fa fatica a distinguere il volto dell’ “Illuminato”.

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Le foglie sono effettivamente d’ oro e dello spessore ciascuno di un millesimo di millimetro. Si acquistano a pochi euro ma noi siamo molto scettici e contrari a queste esternazioni fanatiche e pertanto evitiamo di partecipare al rito…. All’ alba, un gruppo di fedeli prescelti si raduna per lucidare amorevolmente la statua e pulirle i denti con lo spazzolino!. I birmani la considerano una specie di Lourdes d’Oriente, capace di compiere miracoli e guarire storpi e malati. In ogni caso la testa del Buddha emerge quasi a fatica da un corpo straordinariamente rigonfio e goffo, non tanto perché anche qui è rappresentato grasso, ma perché foglietto dopo foglietto nei secoli lo spessore si è accumulato lo stesso; ed è oggi circa di 20 cm; il che significa che per ogni quadratino che viene appoggiato lì  sopra gli altri, altri 20.000 hanno fatto lo stesso gesto in quel punto, e considerando la superficie pur sempre gigantesca della statua, questo significa che almeno qualche milione di persone è passato di qui a incollare il proprio foglietto d’oro devozionale.

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Nei dintorni c’è un piccolo mercato dove acquistiamo tre caratteristiche marionette manovrate per mezzo di fili. Le marionette di Mandalay appartengono a un’ arte popolare che stava rapidamente scomparendo ma per fortuna un team privato di artisti professionisti ha cercato di ripristinarla. Le aggiungeremo a quelle trovate in Uzbekistan.

Il teatro delle marionette del Myanmar (Yoke Thay) -un tempo un prezioso passatempo reale- è uno spettacolo non solo di bambole di legno manovrate da fili, ma di sostituti umani simili alla vita.

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Seguendo il corso del fiume, giungiamo ad Amarapura, una piacevole cittadina sulle rive di un lago, che si distingue per il ponte pedonale U Bein, lungo 1,2 km, il più lungo del mondo ed interamente realizzato in legno di teak.

AMARAPURA, la città immortale

Fondata nel 1783, è stata in diversi periodi capitale sotto vari re, del palazzo reale però rimangono in piedi solo pochi ruderi. Oggi è nota per il fiorente artigianato tessile che produce manufatti in seta e cotone, e per i raffinati longyi cerimoniali. In altri laboratori artigiani si fanno sculture di legno e di avorio

Visita al:

MONASTERO MAHAGANDAYON

Il monastero, dove vivono più di 700 monaci, quasi tutti giovani. Situato nelle vicinanze del Lago Taungthamam, è una rinomata scuola buddhista e centro di meditazione. Aperto al pubblico, ogni mattina numerosi turisti si radunano per vedere i monaci che, rigorosamente in fila, accedono alla mensa del monastero. Arriviamo alle 10, appena in tempo per assistere alla sfilata dei monaci che vanno a consumare il secondo e ultimo pasto della giornata. L’accesso al refettorio però non è consentito.

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Alcune informazioni sulla vita monastica:

Le regole a cui devono sottostare i monaci sono ferree:

- abbandonare il nome anagrafico e assumerne uno nuovo

- vivere delle offerte dei fedeli, raccolte tutte le mattine attraverso un giro di  questua. Per i laici è un onore essere misericordiosi verso i monaci. La raccolta di elemosine mattutina viene chiamata “dhana” ed è una tradizione buddista tramandata da secoli. Se si vuole si può contribuire acquistando beni da offrire ai monaci. Si dice che è un’occasione unica. Con il dhana si acquisiscono dei meriti lungo il percorso verso il nirvana……

- sveglia alle 4

- colazione alle 5 e pasto alle 10.30

- mangiare in silenzio assoluto e mai dopo le 11

- non possedere nulla di personale: solo le tuniche, la ciotola per le elemosine (thabeit), il filtro per il cibo in modo da non ingerire nessun essere vivente, un rasoio, un ventaglio o ombrellino, un paio di ciabatte

- non rubare, non uccidere, non esercitare la magia, praticare l’astinenza sessuale

- dedicare le ore del pomeriggio e della sera alla lettura dei testi sacri e alla preghiera ( ma non è proibito leggere il giornale)

- mai lavarsi controcorrente nei fiumi (regola in apparenza strana che serve per il

mantenimento dell’atarassia sessuale)

- dormire per terra

Le regole valgono sia per gli uomini che per le donne.

Eccoci ora alla più grande attrattiva di Amarapura:

IL PONTE PEDONALE U-BEIN

Lungo 1,2 km e costruito interamente in legno di teak, su 1050 pali alti 4 metri,  collega il paese alla tozza pagoda Kyauktawgyi sull’altra sponda del lago Taunghtaman.

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Il ponte è un luogo d’incontro per abitanti e visitatori: qui si passeggia, si incontrano gli amici, ci si ferma per uno spuntino o si incontrano personaggi particolari come quello che ci appare: un anziano suonatore di chitarra dalla flebile voce. Sotto il ponte donne immerse fino alle spalle nell’ acqua pescano manovrando con abilità due corte canne di bambù e ogni tanto si fermano per fumare una sigaretta o prepararsi una pasticca di betel*. Tutto l’occorrente lo tengono nello stesso cesto dove gettano i pesciolini pescati. Il ponte è particolarmente suggestivo all’alba, quando c’è un grande viavai di gente in bicicletta che attraversa il lago, e al tramonto quando con il fresco della sera il ponte si popola, mentre il sole cala.

*betel:

diffusissimo tra uomini e donne di tutte le età un miscuglio da masticare ricavato

dalle noci di areca e inserito insieme a tabacco ed altri ingredienti in una foglia di

betel, pianta comunemente chiamata pepe di betel (Piper betle) insieme a calce

spenta….. Quest’ultima induce il rilascio di alcaloidi, i quali hanno un effetto

stimolante. La noce così preparata, quando viene masticata, stimola la produzione

di saliva e la tinge di rosso. I masticatori di noce di betel sputano frequentemente

(si trovano spesso macchie rosse lungo le strade) e presentano denti macchiati di

nero. La dipendenza dal betel può portare all’ insorgenza di tumori alla bocca e

malattie epatiche.

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Di lontano si vede  la bianca pagoda di Pahtodawgyi, in stile Shwedagon con al centro un bello stupa alto 76 metri.

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PINDAYA

La strada che conduce a Pindaya  è un sottile nastro d’asfalto delimitato ai due lati da terra battuta. La guida ci dice che è in fase di ristrutturazione. Il viaggio è lentissimo, perché la carreggiata è così stretta da non consentire il passaggio di due veicoli contemporaneamente, così quando c’è un incrocio qualcuno deve spostarsi di lato e cedere il passo. In compenso, anche su questa strada si paga il pedaggio, come su tutte le strade birmane.

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Una sosta per il pranzo e nei pressi vediamo ragazzi giocare a chinlone, una via di mezzo tra uno sport e una danza. Viene giocato da sei persone poste in cerchio e si passano una palla fatta di rattan colpendola con i piedi cercandola di non farla cadere per più tempo possibile.

Ci sono più di 200 tipi di tiri con i piedi e le ginocchia. Quella che vediamo è la variante  simile al sepak tawkraw malese che inserisce una rete tra i giocatori divisi in due squadre e le regole sono simili alla pallavolo ma la palla però viene calciata e non lanciata con le mani.

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Riprendiamo il viaggio con “sosta fisiologica” in un terrificante wc da dimenticare….non ha neanche la doccetta per il bidet, usata in molti punti di toilette anche modesti! Riprendiamo il viaggio con “sosta fisiologica” in un terrificante wc da dimenticare….non ha neanche la doccetta per il bidet, usata in molti punti di toilette anche modesti! Per fortuna nei dintorni ci sono alcune pagode…

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Finalmente, dopo una cinquantina di chilometri percorsi in due ore…., si arriva a Pindaya, un piccolo centro che si specchia nelle acque del laghetto Pone Ta Loke, contornato da giardini dove crescono ficus giganteschi. Il paesaggio è certamente bucolico fatto di terra rossa e morbide colline ma arida per la maggior parte dell’ anno per poi esplodere con un aspetto lussureggiante nelle più importanti zone agricole dello stato, dopo la stagione delle  piogge.

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Lungo la strada che da Pindaya conduce a Mandalay abbiamo incontrato questo monastero arroccato su una alta collina sul cui fianco si appoggiano 9 statue di Buddah in piedi. Il monastero è raggiungibile salendo una lunga scalinata oppure utilizzando una strettissima strada. Poiché dovevamo percorrere ancora un lungo tratto di strada per arrivare a Mandalay, abbiamo preferito ammirarlo dal basso e scattare alcune fotografie.

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L’attrazione di Pindaya è la grotta carsica Shwe Oo Minn,  all’interno della quale, tra stalattiti e stalagmiti, sono conservate circa 9000 statue di Buddah.

Arriviamo in serata e grazie alla nostra,  guida abbiamo la visita dedicata solo al nostro gruppo!

GROTTA DI SHWE OO MIN

E’ un importante luogo di pellegrinaggio per i buddisti birmani e uno spettacolo attraente e insolito per i turisti. La grotta si trova su una collina calcarea nella Birmania centrale, non lontano dal Lago Inle. Si racconta che all’ ingresso della grotta, fin dal III secolo a.C., ci fosse una pagoda e che gli abitanti del posto raccontassero ai pellegrini la leggenda del Ragno Gigante che abitava nella grotta. Un giorno il ragno catturò una principessa locale tenendola prigioniera ma, secondo la leggenda, un Principe armato di arco e frecce uccise il ragno, salvando così la Principessa.

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Lungo la salita di accesso all’ ingresso, percorso che ci permette di ammirare la vallata sottostante in una serata di plenilunio,  c'è una scultura di un ragno gigante e un Principe che punta il suo arco verso di esso.

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La collina contiene tre grotte, solo una delle quali è aperta al pubblico. Questa caverna, lunga circa 150 metri, contiene migliaia di immagini di Buddha in vari stili e di epoche diverse dalla prima dinastia di Konbaung ai giorni nostri. Evitiamo i 500 gradini che portano in cima e con un modernissimo ascensore con pareti di cristallo arriviamo all’ ingresso. Ogni piccolo angolo, a volte angusto, della grotta ospita immagini di Buddha fino al soffitto tra stalattiti e stalagmiti. Nel corso di diversi secoli, migliaia di immagini di Buddha sono state collocate all'interno della grotta e il loro numero, ormai circa 9.000, è in costante aumento. Non si sa con certezza quando le prime immagini furono collocate all'interno della grotta, ma le più antiche con iscrizioni risalgono alla dinastia Konbaung della seconda metà del XVIII secolo. Le immagini del Buddha sono in stili diversi e rappresentano le varie epoche in cui sono state realizzate. Molte sono placcate in oro, altre in legno di teak, marmo, bronzo o altri materiali, alcune molto piccole, altre a grandezza naturale o enormi.

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Cena nel ristorante “Greentea” accolti da una scritta dedicata  al nostro tour-operator FRANCOROSSO, diventato stranamente “FRANCOROFFO”, e  da un gruppo di musicisti locali, poi trasferimento all’ Hotel Sanc Tum Inle Resort posto proprio sulla riva del lago Inle. Altro hotel eccezionale! L’ abbiamo fotografato! Costruito intorno a un imponente edificio circondato da ameni giardini con sentieri ombrosi e costituito da palazzine isolate a due piani. Stanze spaziose con annesso terrazzino.

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Domani escursione sul Lago Inle, una delle principali attrazioni del Myanmar.

 T R I P F A C T O R       

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